martedì 3 giugno 2008

Rincasando con un Rabbino

Lui esce dall'edificio che da direttamente su Campo San Trovaso un secondo prima di me e, vedendo che va verso le Zattere per prendere il vaporetto, e supponendo che sia diretto verso il Ghetto, gli dico: "Rabbino, la posso accompagnare?" e quando mi ricapita di rincasare potendo conversare con una personalità così? non potevo perdere l'occasione!!!

Rav Elia Richetti è il rabbino capo della comunità ebraica veneziana. Non so a che cosa possa corrispondere, in termini a me più comprensibili, il suo ruolo, se paragonato alla nostra struttura sociale, ma è fuor di ogni dubbio che per la sua comunità sia un punto di riferimento ed una guida saggia e rispettata.

L'ho appena ascoltato durante un incontro con un gruppo di studenti che si preparano ad un viaggio in terra d' Israele.

"Lo sa che stasera ho sbagliato incontro?" esordisco "Si perchè non avevo capito che era una riunione "tecnica" in preparazione di un viaggio. Però le confesso che mi sono divertito molto, il tema è di quelli che mi interessano, eccome!"

Infatti quando sono entrato si parlava di aeroporti, ferrovie, taxi special o sherut. Di come la sia la vita in quel paese e di come non esistano "masse amorfe" nel senso che c'è molta vitalità sia presso chi si dedica alla vita "occidentalizzata" e sia all'interno della struttura religiosa. Il paese non è teocratico, ci tiene a sottolinerare.

"In realtà" mi dice " non sapevo neanch'io il taglio che avrei dato, sono andato abbastanza a ruota libera!"

"Stasera ho chiuso un cerchio" - lo informo - "un cerchio apertosi nel 1995 quando durante un viaggio nel paese dove scorre il latte ed il miele, ebbi lo stesso tipo di incontro con un rappresentante palestinese".

Come allora quell'arabo, anche stasera il rabbino mi è parso un po' furbetto. Nel senso buono, per carità, ma la stessa cosa raccontata da due punti di vista diversi lascia un po di amaro quando entrambe le parti hanno omettono qualcosa di sbagliato a favore di un'enfasi per le cose positive delle loro rispettive parti. Nella sostanza, però, c'è stata molta onestà. Ed un giusto approccio al dialogo: non trascinare più il passato all'oggi, lasciare il rancore ed iniziare dalla scuole la ricostruzione di un paese dove due popoli possano convivere in pace.

Ma torniamo all'incontro dal quale entrambi proveniamo. E' stato un bel ripasso di storia, proprio ben fatto ed intereressante. Si è parlato di ebraismo biblico, di diaspora, di impero ottomano, di stessa terra promessa ai due popoli, di Belfour, Rotschild, Herltz, sionismo. Scopro cose ancora più affascianti di quelle che già conoscevo. Per esempio, Hertlz, padre del sionismo, non sapeva nulla di ebraismo ma era un semplice giornalista. Si trova a dover seguire l'affare Dreyfus, nel quale il generale francese ebreo è ingiustamente accusato di tradimento. Comprende allora che tirava una brutta aria e che era giunto il momento di pensare ad un paese per gli ebrei che avessero voluto fondarne uno. Dalla scoperta dell'acqua calda alla fondazione di un paese.
Altra cosa: quelli che lui definisce personaggi un po' stravaganti per via delle loro pesanti palandrane di lana, per i cappelli a tese larghissime, con le basette talmente lunghe che di arricciolano su se stesse, non si voltano verso noi cristiani e non ci rivolgono la parola perchè noi, i cristiani, siamo quelli che hanno cercato di convertirli. Certo, dice, si può non essere d'accordo, ma c'è una ragione. E mi rendo conto che molte non ragioni o pre giudizi nascono
dal non conoscere, dall'ignoranza. Se gli ebrei furono perseguitati perchè incerti ambienti erano ritenuti depositari delle ricchezze bancarie di paesi interi, perchè vengono perseguitati anche professori, maestri, calzolai, barbieri, negozianti?
Il rabbino tira acqua al suo mulino, ma non riesce a convincermi fino in fondo. Fa il suo mestiere ed è furbo però si può parlare.
Se è vero che gli ebrei hanno comperato molte delle terre dalle quali nascerà il futuro stato di Israele, non ci dice che questo è avvenuto anche con la distruzione di case legittimamente ancora di proprietà degli arabi preinsediatisi. Come non dice nulla sul mancato rispetto della risoluzione ONU del 1948 che obbliga Israele a rientrare nei suoi confini dopo la prima guerra arabo-israeliana.
Pronuncia nomi in modo assolutamente perfetto; credo parli in diverse lingue, tedesco, francese, russo, inglese. Da vero poliglotta sfoggia il tutto il suo sapere.
Non è il caso di tediare il lettore con il resoconto della serata, però ce ne sarebbero di cose...
Sul vaporetto che prendiamo assieme verso le rispettive case, gli dico che secondo me quello che possiamo fare da qui, da fuori, per il dialogo è smettere di essere tifosi. Basta vedere i titoli dei giornali o le discussioni politiche sul tema israele-palestina: tutti devono pontificare sui diritti di uno o dell'altra parte. Ogni parte, a seconda dal punto di vista dove è schierato chi parla, fa tutto giusto o tutto sbagliato. Invece dovremmo aiutare il dialogo puntando all'obiettivo obbligato della convivenza. Invece no, siamo qui a fare i tifosi e basta senza magari nulla sapere della realtà delle cose. Concorda!
Gli faccio i complimenti per le sue pronunce chiedendo quante lingue parli. Ci pensa e dice: "bene l'ebraico, l'inglese abbastanza, poi per il resto fingo di sapere ma non le so!"
L'avevo detto che era un furbo!
Parliamo un pò di Moni
Ovadia, ospite in questi giorni al primo Festival dell'Arca e suo amico. Hanno fatto la stessa scuola ebraica a Milano e quando l'emergente cabarettista yiddish inscenò una recita teatrale, diresse nientepopodimenoche il futuro rabbino capo di Venezia, cioè la persona che ho di fronte!
Mi racconta un paio di storielle, da lui passate proprio ad Ovadia, e oramai abbiamo raggiunto a Piazzale Roma.
Da quando siamo partiti mi bruciano dentro due domande.
La prima: esiste il perdono nell'ebraismo? (ho in mente il famoso occhio per occhio e dente per dente)
"certo ma è una cosa seria. Nel senso che chi commette un peccato, una colpa, un errore è tenuto a pagare in una misura proporzionata all'offesa, niente di più. Non si può pretendere una pena più grande della colpa e neache inferiore altrimenti non si ha la dimensione della propria colpa". Beh, sottile devo dire.
La seconda: chi è per un ebreo Gesù Cristo?
"un predicatore ebreo"
Ma come? Me lo liquidi così? Do la colpa alla sua furbizia ed alla sua superbia. Se vuole mi mangia, non posso competere con lui e mi vuole provocare. Non posso pensare che ci sia questo poco rispetto. Forse è stanco, siamo quasi a casa e non vuole approfondire discorsi che non si sa dove portino.
"Ma non ha neanche il titolo di rabbino, di maestro?" "Certo per i suoi era un maestro e qualche studio di ebraismo l'avrà fatto, ma non ne conosciamo i termini esatti!"
Non mi da molta corda, sarà veramente così? Gesù è solo un predicatore per gli ebrei? Lui sarà stanco, io più di lui e non reagisco come vorrei.
Siamo alle Guglie: "Arrivederci, Rabbino e grazie per la compagnia" "Buona notte, grazie a lei"
Ci allontaniamo girandoci le spalle, in direzioni opposte...poi mi rendo conto che forse ho sbagliato io a formulare la domanda.
"Perchè gli ebrei non considerano Gesù il Messia?" forse questa era la domanda da fare. Forse.....


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