giovedì 4 giugno 2009

4 GIUGNO 1989


Giorgio è un amico di vecchia data, scuole superiori. Il destino poi ci ha fatto intraprendere strade diverse per molti anni e da poco l'ho incontrato nuovamente seppur telefonicamente con la reciproca promessa di trovarci. Sempre il destino ha voluto che si accasasse a Mestre 5 anni fa, nello stesso periodo in cui noi ci spostavamo a Venezia. Però non ci si siamo mai incontrati anche se lui passa sotto casa nostra, per lavoro, molto spesso.
Tra i molti momenti passati assieme, non solo di studio, uno in particolare lo identifico con lui e che in questi giorni riaffiora dopo una ventina d'anni.
Giugno 1989, una zia ci aveva prestato gentilemente la sua casa di montagna nella quale ci eravamo in qualche modo "ritirati" in preparazione della maturità.
Giorgio ed io eravamo, politicamente parlando, simpatizzanti della sinistra ed in quel periodo giovanile, come spesso succede ai giovani, puntavamo ad estremizzare e, inoltre, non essendo ancora caduti muri e ideologie, sinistra significava PCI.
Studiando economia, ci si chiedeva e si discuteva della proprietà dei mezzi di produzione e ci si interrogava sullo sfruttamento capitalistico del lavoro, sul comunismo reale e sui valori dell'utopia. Valori di uguaglianza, solidarietà, di equa distribuzione della ricchezza e della libertà. Ci pareva che sacrificare un po' di libertà in nome di una uguaglianza palpabile fosse un gioco che valesse la candela. Ma non trapelava mai tutto dai paesi del blocco comunista e il comunismo visto da qua era più bello, nel senso del'utopia, che vissuto da là.
In questo contesto arriva, come un pugno in faccia, la notizia che l'esercito cinese ha attaccato e massacrato gli studenti che da settimane manifestavano pacificamente in Piazza Tienanmen. Da giorni ogni momento pareva buono perchè i vertici della nomenclatura cinese, si aprissero al dialogo con gli studenti. Eravamo in attesa del meglio, arrivo' il peggio.

"La repressione di piazza Tien A Men poneva fine a quella che è stata definita la "primavera" di Pechino. Il 18 aprile 1989 un pugno di studenti, diventati nel corso delle settimane alcune migliaia, avevano occupato piazza Tien A Men al grido di "Abbasso la rivoluzione, viva la democrazia, viva la Cina". Chiedevano di rimettere in sesto l'economia, che già dall'anno precedente viaggiava tra i flutti del caos più totale, e di avere più voce nelle scelte future del paese. Morto Hu Yaobang, l'ex segretario del partito licenziato per aver appoggiato le rivolte studentesche del 1987, gli studenti trovarono in Zhao Zyiang un loro paladino. "Gli studenti sono patrioti. Vogliono solo denunciare i nostri errori" aveva affermato Zhao il 4 maggio. In tutta risposta il 20 maggio fu introdotta la legge marziale, mentre Zhao veniva progressivamente estromesso dai vertici del partito. Il 28 maggio gran parte della protesta studentesca era rientrata, sconfitta per sfinimento dal lungo ma incruento braccio di ferro con il potere. Poi il massacro dei piu' resistenti".

Fu un duro colpo. La mente cercava introvabili ragioni a quello che stava accadendo ufficialmente per difendere l'ideologia. Il cuore andava dalla parte opposta. 
Era l'ennesima delusione, dopo quelle lette sui libri di storia della Primavera di Praga ed invasione dell'Ungheria, vissuta direttamente.
Si crea una lacerazione perche' la mente avverte e percepiscela tragica aberrazione della dittatura dello schiacciamento della libertà sotto i cingoli dei carri armati, dei diritti negati. Il cuore non lo accetta perchè accettare è delusione e sofferenza. Elevati valori umani venivano rinnegati in nome del potere e la loro difesa si giustificava con la loro stessa negazione. In qualche modo l'ideologia cercava giustificazioni alle proprie tragedie per perpetuare se stessa.
E' un passagio difficile, quello della presa di distanza, e avviene solo "da grandi". Solo allora hai la capacità critica per prendere le misure dal mondo che ti circonda. Ragionare con la propria testa, essere veramente liberi ed indipendenti è qualcosa di grandioso che vorrei trasmettere ai miei figli, ma sono consapevole che ogni stagione ha i suoi frutti. L'importante è seminare bene.
Comunque torniamo a Tienanmen. Era il 4 giugno 2009. Sono passati 20 anni giusti giusti. 
La Cina era lontana, era un paese comunista e c'era ancora il Muro di Berlino, quindi vigevano i trattati di Yalta e la divisione del mondo in due blocchi. Si guardava con orrore quello che accadeva dopo le legittime rivendicazioni degli studenti. Si guardava con ammirazione le immagini dello sconosciuto studente che fermo' la colonna di tank parandosi davanti a loro sulle strisce pedonali e con le borse della spesa in mano. 
Armato di borse della spesa, vi pensate? La tragedia esplosa dentro una normalità. Il coraggio lo spinse ben oltre: salì sul carro per parlare con il conducente e quello che gli ha detto possiamo solo immaginarlo ma potrebbe essere: "perchè in nome del popolo andate contro il popolo?"
Quell'immagine ha fatto giro del mondo ed è l'immagine simbolo di quella resistenza.
Il massacro degli studenti avveniva dopo giorni di mediazioni mancate, di dialogo sordo con  le autorità (ma non i vertici del PC cinese) e soprattutto di silenzio. La quiete preparava la drammatica tempesta.
Il 1989 fu l'anno horribilis per il comunismo. "Già liquidato in Polonia e ormai boccheggiante in Russia, nei sei-sette mesi successivi il comunismo sarebbe caduto in Ungheria, nella Germania dell'Est, in Cecoslovacchia, in Bulgaria, in Romania, e un po' più tardi in Albania. Quei regimi vacillavano infatti da tempo, sempre più debilitati dalle penurie che imponevano alle popolazioni e dall'assoluto discredito che circondava i loro gruppi dirigenti. Ma la Cina era diversa. Un decennio di riforme economiche, una crescita del Pil che superava il 10 per cento annuo, un benessere ormai diffuso nelle aree urbane, e soprattutto un apparato del potere ancora ferreo nel totale controllo della società, sembravano aver messo il comunismo cinese al riparo da ogni brutta sorpresa".
Invece dopo i fatti dei primi di giugno 1989 la Cina comprese che doveva dare una svola nel senso della modernità al proprio paese ed aprirsi al mercato.
Oggi, dopo 20 anni, la Cina è il secondo paese al mondo per crescita economica ed si trova al primo posto per quanto riguarda il flusso degli investimenti esteri. Oggi la Cina fa parte del mercato internazionale, ha un bacino di consumatori e di lavoratori a bassissimo costo molto appetibile al libero mercato. Oggi la Cina è interesse di molti paesi occidentali che producono e vendono, acquistono e scambiano merci. E' un boccone molto ghiotto al palato vorace della globalizzazione.
In Cina ancora oggi c'è un sistema di governo socialista ed i diritti umani non sono limpidamente riconosciuti nè tanto meno rispettati. In Cina oggi sono stati oscurati i siti internet "per manutenzione" per evitare di dare risalto a commemorazioni della rivolta e della strage degli studenti. Qui da noi non c'è nessuna manutenzione da fare ma non ho visto, comunque, particolare attenzione al fatto.
La Cina di oggi non fa piu' paura e non interessa se è ancora un paese comunista. Che importa? Il muro è caduto e il mercato si è aperto.
Io vado a chiamare Giorgio, ci dobbiamo incontrare, anche noi, vent'anni dopo.


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