martedì 9 ottobre 2007

Il Nobel a Capecchi: come un gol di rapina!



Premetto che oggi mi girano le balle, per i fatti miei. A volte ci sono giornate così, vero? E forse quello che dirò è in parte dettato dal mio attuale umore.
Ieri ho letto questa notizia del Nobel al dott. Capecchi: vivissimi e sinceri complimenti ci mancherebbe.
Ma avete letto che vita ha fatto?
il padre muore il guerra, la madre deportata a Dachau e lui rimane solo a 5 anni e si aggrega a bande di teppistelli che rubavano per vivere, rischia di morire a causa di una infezione di tifo.
Poi la madre, sopravvissuta lo ritrova e scappano in America, aiutato da uno zio gli si aprono le porte dello studio, conosce Einstein, è allievo dello scopritore del DNA. Insomma è negli USA da quando aveva 7 anni e non parla italiano.
Una vita spericolata, alla Stefano della Regina alias Steve Mc Queen cantato dal Blasco nazionale.
Faccio un passo indietro.
E' più padre chi addotta ed alleva suo figlio non naturale dandogli la possibilità di diventare autonomo ed in grado di saper vivere o chi dopo una scopata ne va?
Io sono dell'avviso che l'essere padre non è legato ad un momento anche se in quel momento c'è un inizio. Essere padri è un divenire continuo, un work in progress.
E che c'entra questo? C'entra eccome!
Il paese che ha stretto rapporti con i nazifascismo, che ha mandato suo padre in guerra, che ha permesso la deportazione di sua madre, che non ha difeso la famiglia monca di padre ma ha avvallato l'ulteriore smatellamento, che non saputo trattenere cervelli come Enrico Fermi (altro premio nobel),
Edoardo Amaldi, Bruno Pontecorvo, Franco Rasetti, Emilio Segrè solo per fermarci ai ragazzi di via Panisperna, questo pese ora lo celebra.
Di chi è il Nobel? di chi gli ha dato i natali e poi lo ha gettato in mezzo alla strada o di chi gli aperto le strade per le sue ricerche, di chi rende possibile la ricerca (non certo noi), di chi gli ha permesso di vincerlo, questo Nobel? Facile da dire, difficile da digerire.
Siamo i soliti i italiani dell'italietta, pronti a salire sul carro del vincitore, lesti a onorare chi fin'ora non abbiamo nemmeno cagato. Che i ipocriti! Che falsi!
Pensate un po': oggi vinco al superenalotto. Quanti amici mi ritrovo domani?
Siamo in Italia? Bene, allora è d'obbligo la metafora calcistica.
Questo atteggiamento mi ricorda tanto i gol di rapina di Pablito o Pippo Inzaghi.
Ottimi centravanti, sempre là davanti al portiere, poche azioni ma appena passa la palla difficile non farla entrare.
Ecco noi siamo un po' così. Non abbiamo cagato il dott. Mario Capecchi per oltre mezzo secolo, ma oggi che è un Premio Nobel, che ci hanno passato la palla giusta, gli rapiniamo la cittadinanza. E il "NOBEL PARLA ITALIANO". No, non lo parla nemmeno: sa dire solo ciao!!!


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1 commento:

Anonimo ha detto...

hai proprio ragione... i commenti han fatto girare i coglioni anche a me...
stefano