OCIO AL MAROCCHINO!!!
Ieri sera mi sono recato, come quasi ogni sera dopo essere rientrato dal lavoro, al parco con Giorgia. Lei predilige l'altalena ma ad un certo punto vedo che osserva dei ragazzeti un po' più grandi di lei. Diciamo dai 4 agli 8 anni. Ne è attratta perchè questi corrono con le biciclette, vanno sul muretto, urlano, gridano, schiamazzano. Le loro mamme sono lì ma non ci sono, chiaccherano ignare di quello che i loro figli combinano se non accorgersi di loro nel caso si facessero male. E allora volerebbero ceffoni: "Teo gavevo dito" "Ghe sbiro, mi, no ti pol star fermo?!" "No ti me scolti mai!" Ma quando mai mi hai detto qualcosa, stai più attenta, dico io.
Vabbè, ma è di altro che voglio scrivere. I bimbi giocano, Giorgia se ne sbatte se sono tutti maschi. Sta bene in mezzo a loro e loro si prendono cura di lei e la coinvolgono, molto più dolci e attenti rispetto all'apparenza.
Ad un certo punto passa vicino a loro un ragazzo di colore, del centro Africa, con il suo carico di oggetti contraffatti, ben racchiusi in un sacco che si porta a spalla. Anche lui al termine di una giornata, forse più lunga della mia. E' sorridente, un tipo simpatico, a vederlo così. E' al telefono forse con la sua ragazza o con la moglie o con i figli. Lontani nella casa africana.
Come si materializza, tutti quei ragazzi diventano una piccola banda. Iniziano a gridare "Marocchino! Marocchino!" "Attenti c'è un marocchino" oppure "Sei un marocchiiinooo" o "Mamma c'è un negro". E corrono frenetici, si nascondono, lo scherniscono, una volta passato gli corrono dietro, urlano e poi scappano. Giorgia fa la stessa cosa; anche lei corre e urla "Marocchino!" Ovvio che lo faccia, lei non sa e imita i suoi nuovi amici. Ovvio che lo facciano anche i piccoli "teppisti", ma anche loro hanno imitato qualcuno. Qualcuno gli ha insegnato che essere di colore rappresenta un pericolo, che il marocchino ti fa male e ti porta via, hanno insegnato loro di avvisare e di stare attenti quando ne intravvedono uno. Non è colpa loro, loro sono portatori di un insegnamento frutto di una ignoranza e di una intolleranza molto profonde. Eppure la Serenissima aveva imparato a regolare bene la presenza straniera in città, ne aveva, in certo senso, rispetto anche se se ne difendeva dimostrando nel contempo di tollerare. I "foresti" portavano merci, prodotti della terra non altrimenti coltivabili in laguna, pagavano per i depositi di stocaggio e di transito. Rifornivano di preziosi e di "schei" la città. Sembra che nulla di tutto questo sia rimasto. Ci siamo "terrafermizzati". Oggi molte nostre fabbriche dovrebbero chiudere senza i "marocchini", molti lavori e servizi non esisterebbero più, forse le nostre città sarebbero più sporche, se loro non le pulissero. Basta fermarsi alle 5 del pomeriggio al semaforo di Porto Marghera per far passare gli operai che escono dai petrolchimici e dai cantieri. E se non raffinassero più l'oro nero, la tua bella e lussuosa macchina con che benzina andrebbe?
Comunque, tornando al parco, io ora devo spiegare a mia figlia che non è brutto essere di colore, anche perchè "sono così perchè mi ha dipinto Dio" (Azeem, in Robin Hood) e sono Persone come noi. Ci vuole rispetto ma bisogna insegnarlo.
Ah, quelle mamme hanno continuato a chiaccherare sedute sulla panchina. Forse fiere dei loro figli, fiere di aver insegnato loro di stare lontano dai pericoli, fiere che abbiano capito. O forse non si sono accorte di nulla. Io mi sono vergnato anche per loro di fronte algi occhi smarriti di quella persona denigrata da un gruppetto di piccole pesti e che, sicuramente, vorrebbe essere stata da un'altra parte. Si, mi sono vergognato!
Vabbè, ma è di altro che voglio scrivere. I bimbi giocano, Giorgia se ne sbatte se sono tutti maschi. Sta bene in mezzo a loro e loro si prendono cura di lei e la coinvolgono, molto più dolci e attenti rispetto all'apparenza.
Ad un certo punto passa vicino a loro un ragazzo di colore, del centro Africa, con il suo carico di oggetti contraffatti, ben racchiusi in un sacco che si porta a spalla. Anche lui al termine di una giornata, forse più lunga della mia. E' sorridente, un tipo simpatico, a vederlo così. E' al telefono forse con la sua ragazza o con la moglie o con i figli. Lontani nella casa africana.
Come si materializza, tutti quei ragazzi diventano una piccola banda. Iniziano a gridare "Marocchino! Marocchino!" "Attenti c'è un marocchino" oppure "Sei un marocchiiinooo" o "Mamma c'è un negro". E corrono frenetici, si nascondono, lo scherniscono, una volta passato gli corrono dietro, urlano e poi scappano. Giorgia fa la stessa cosa; anche lei corre e urla "Marocchino!" Ovvio che lo faccia, lei non sa e imita i suoi nuovi amici. Ovvio che lo facciano anche i piccoli "teppisti", ma anche loro hanno imitato qualcuno. Qualcuno gli ha insegnato che essere di colore rappresenta un pericolo, che il marocchino ti fa male e ti porta via, hanno insegnato loro di avvisare e di stare attenti quando ne intravvedono uno. Non è colpa loro, loro sono portatori di un insegnamento frutto di una ignoranza e di una intolleranza molto profonde. Eppure la Serenissima aveva imparato a regolare bene la presenza straniera in città, ne aveva, in certo senso, rispetto anche se se ne difendeva dimostrando nel contempo di tollerare. I "foresti" portavano merci, prodotti della terra non altrimenti coltivabili in laguna, pagavano per i depositi di stocaggio e di transito. Rifornivano di preziosi e di "schei" la città. Sembra che nulla di tutto questo sia rimasto. Ci siamo "terrafermizzati". Oggi molte nostre fabbriche dovrebbero chiudere senza i "marocchini", molti lavori e servizi non esisterebbero più, forse le nostre città sarebbero più sporche, se loro non le pulissero. Basta fermarsi alle 5 del pomeriggio al semaforo di Porto Marghera per far passare gli operai che escono dai petrolchimici e dai cantieri. E se non raffinassero più l'oro nero, la tua bella e lussuosa macchina con che benzina andrebbe?
Comunque, tornando al parco, io ora devo spiegare a mia figlia che non è brutto essere di colore, anche perchè "sono così perchè mi ha dipinto Dio" (Azeem, in Robin Hood) e sono Persone come noi. Ci vuole rispetto ma bisogna insegnarlo.
Ah, quelle mamme hanno continuato a chiaccherare sedute sulla panchina. Forse fiere dei loro figli, fiere di aver insegnato loro di stare lontano dai pericoli, fiere che abbiano capito. O forse non si sono accorte di nulla. Io mi sono vergnato anche per loro di fronte algi occhi smarriti di quella persona denigrata da un gruppetto di piccole pesti e che, sicuramente, vorrebbe essere stata da un'altra parte. Si, mi sono vergognato!
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