Ciao Tarcisio
Ricordo una bici rossa, da uomo, che si appoggiava al muro di casa circa a metà mattina di tutte le mattine. La inforcava un uomo di bianco vestito sporco di tutti i colori: un quadro vivente. Quell’uomo mi ha sempre voluto bene e, forse me rendo conto solo ora, è stato sempre presente nei momenti importanti della mia vita. Non ne ha mancato uno! Ai compleanni, molto vicini ai suoi, mi regalava colori, matite, pastelli, arcobaleni in piena regola. Ed io, felice, lo invidiavo perché lui sapeva cosa farne, io no. Eppure si ostinava, ostinato com’era, a ripetersi anno dopo anno. Mi incoraggiava e, soprattutto, aveva fiducia.
Lo ricordo a casa, di passaggio, saluti brevi ma intensi. Aveva sempre il tempo per una carezza, per una battuta o per uno spunto di riflessione. Mai domo, molto profondo nella critica socio – politica, ha sempre lottato, in ogni modo che gli fosse permesso e con ogni arte di cui fosse capace contro il sopruso, contro il Potere, contro l’ignominia dell’ingiustizia, in una parola, e per citare una sua poesia, contro Il Palazzo. Aveva ragione ad incazzarsi, lui è stato uno di quelli che ci ha donato, regalato, costruito senza sconti questo Paese. E qualcuno vorrebbe non ringraziarli più, i Partigiani. Certo, la guerra è guerra, anche quella "civile", ma non si può dimenticare la scelta da che parte stare e accomunare tutti. La pietà per i morti è sintomo di civiltà, ma gli uni hanno scelto la libertà gli altri di combattere a fianco del terrore. Non si neghi questo! Dopo il sangue del sacrificio ha visto le aspettative non avverarsi, le promesse non mantenute. Sentiva la giustezza del gesto gratuito, del sacrificio senza tornaconto personale.
Il Burbero benefico, rubando la definizione a chi è più degno di me per parlarne. Sempre a brontolare, spina nel fianco per molti ma a fin di bene, a fin di riflessione, contro la stagnazione del pensiero e della critica perché questa è il sale della democrazia. Mai abbassare la guardia, sempre attenti a non cadere nella passività e nella alienante acriticità.
Sempre presente dicevo: mi laureo e mi fa un quadro, mi sposo e ci regala una natura morta, nasce nostra figlia ed ecco tirar fuori dal cilindro una maternità dall’alto significato simbolico. Fantastico. I suoi quadri, la sua eredità per noi sparsa per le case di mezzo paese. Il suo più elevato modo di espressione, anch’esso forte, pieno di colori, pennellate pesanti, di vangoghiana memoria. Arte, quella della pittura, che è stata anche la sua unica voce da quando il destino gli ha carognamente portato via la sua da gran oratore. Una beffa, ma lui non si è piegato, anzi, ha dato da allora il meglio di sé come artista.
L’uomo della bici rossa, da qualche giorno non c’è più. L’ha inforcata per volare e vedere da vicino la tavolozza di colori dell’arcobaleno.
Questo era solo il mio ricordo. Mi mancherai, ci mancherai.
Ciao Tarci
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